Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da giugno, 2011

Cornacchia

Dall'alto degli alberi mi arriva una voce rauca. Alzo gli occhi. Nell'albero c'è una cornacchia. La sento dire: Ma va!, facendo risuonare le parole contro le pareti in alto della gola, quasi contro l'ugola, e qualche secondo dopo più incisiva aggiunge: Va! Va! Tranne quella, le cornacchie mi stanno simpatiche.  Allora mi dico: avrò sentito male. Sarò io quella che gracchia. io, Eleonora Bevilacqua

Scalle II- Con le gambe a pezzi

Oggi ho capito: primo, che devo farmi vedere subito il ginocchio; secondo: che a Trieste ce ne sono una marea di scale trovatelle, cioè, scale abbandonate per strada senza neanche un nome; terzo, che quelli che mettono i toponomi, a Trieste, spesso non sanno differenziare tra una strada e una scala, anche nei casi in cui non c'è nemmeno un pianerottolo che giustifichi la confusione. Non sanno differenziare o più verosimilmente non hanno voglia di lavorare. Ha questo punto, mi sono detta, meglio sarebbe usare un neologismo, tipo: scalavia, stradascala, scalatraba, così, per non dover pagare due targhette e capire subito che quel posto è mesticcio. I veneziani torcerebbero il naso e scartarebbero subito scalatraba con la scusa che Calatraba gli ha fatto un ponte senza gradini, che quindi meglio dimenticarlo, il che forse è vero... Comunque oggi pensavo alle scalastrade e poi alla differenza tra una scalinata e una scala. Nel post Scala I suggerivo la possibilità che ci fossero s

Scale I- datemi una scala e scavalcherò i colli

Non si pol, dicono i triestini. È il nostrano luogo comune e ne siamo consapevoli. Non si pol fare questo, non si pol fare questo altro, non si pol. A volte è scoraggiante, altre invece suona a tromba, a richiamo: una vera sfida. Oggi ho sentito la tromba e mi sono detta: non si pol nemmeno rimanere a livello del mare, sempre a prendere il sole. Bisognerà pur fare la faticaccia, salire e una volta sù, bisognerà quindi scendere. Scendere e salire alla fine sono quasi un unico movimento. Passiamo la vita a salire e scendere scale, strade, piccoli gradini; a casa io devo farne ventuno in sù ventuno in giù, ogni giorno, almeno per portare fuori la spazzatura. (Il bello è che a volte, come in montagna, a volte è più gradevole e meno faticoso salire un'erta piuttosto che scenderla. Un esempio a Trieste è la strada dei pescatori che Sissi -dicono- amasse fare.) E quindi, siccome non si può rimanere sempre al mare la stramaggioranza dei triestini si sposterà in macchina, prenderà l&

Amo l'Italia

Amo l'Italia di stamane. Quella che gioca a rispondere coi ragazzi rinchiusi in aula alle domande dell'esame di maturità. Amo l'Italia che non chiede per il Papa Giovanni Paolo II né per scontato tema dell'Unità di Italia, ma chiede di Ungaretti e di Enrico Fermi e di Warhol. Amo l'Italia di radio3, che chiama un scientifico per giocare a rispondere alla domanda che i ragazzi forse stanno tentando di rispondere in aula, anche se sono pochi ad aver scelto Enrico Fermi come traccia da sviluppare in un saggio o articolo. Amo questa Italia. io, Eleonora Bevilacqua

Telefilm-Mad Men

Dopo Lost, la tristezza e il vuoto di schiacciare per l'ultima volta il pulsante di play di Megavideo per vedere l'ultima puntata della quarta stagione di Mad Men, che tornerà solo nel 2012 con la quinta delle sette stagioni programmate. Manca un anno. Un anno è stato una vita senza Lost finché ho trovato MAd Men. Sono aperta ai vostri consigli. Nel frattempo, dovrò trovare un'altra serie o un altro libro come Anna Karenina per passare le mie domeniche di inverno senza F. Fino all'altro ieri mi faceva compagnia Mad Men, cioè Donald Draper, ex combattente e ora pubblicitario nella Manhattan degli anni 60, Madison Avenue, downtown e zona degli uomini che lavorano e vivono come matti, per quanto si diceva in giro, in un decennio di profondi cambiamenti, con il sottofondo della politica, le donne che iniziano ad andare dal ginecologo a farsi fare un aborto per sfuggire una vita che non è più quella che vogliono, le bionde come Marilyn e le more stile Jacquiline, le donne

La Grecia ed i peripatetici argentini

io, Eleonora Bevilacqua

eclisse di luna

un'ombra siamo noi sulla terra un'ombra densa e oscura tra il sole e la luna. nel mezzo diamo la prospettiva, come il terzo che tra le quinte vestito in nero si mima e bisbiglia la battuta, silente invisibile agli occhi della gente. siamo solo un'ombra. in movimento le mani sulle pareti animano la foresta. io, Eleonora Bevilacqua

A Trapani

A Trapani una volta al giorno gli occhi si alzano verso l'alto come a guardare un fulmine un lampo come a dire non può essere questo stormo non può questo blu di tonnare e mucche transumanti, di bouganville e silvestri gerani,  non può l'anticamera dell'inferno una rupe essere di tufo blu sul mare.  Ma basta mettere piede qui a Trapani perché i verdi uccelli nascere facciano inconsuete mute preghiere, gli occhi in alto verso le città di Cartago,  col fuoco di fronte e alle spalle  le tendopoli, dove sopravvivono a stento mandorli e ulivi, dove Icaro accanto al tempio è disteso                   abbattuto per terra. Arreso.                A Trapani. L'uccello a Marte caro ronza di crepe il cielo, fa nera e strana la terra, e gli occhi come faro in preghiera quando si allontana dimenticano che nel altro colle nell'altra sponda, a levante e tramontana gli uccelli cadono come Icaro, le ali bruciate e lo sguardo folle nel cielo di piombo. cie