Un giro d'ombra Mauro si alzò dalla pennica verso le quattro. Spostò le tende e guardò giù in piazza per vedere se Enzo fosse già lì. Ancora non c'era nessuno, manco un'ombra. L'afa copriva il cielo con un velo di gesso. Copriva il cielo o i suoi occhi, non avrebbe saputo dirlo: era un anno che doveva consultare l'oculista. Forse aveva le cataratte. Aspettò che si facessero le sei, quando il sole cominciava a indebolirsi per scendere senza troppa fatica le quattro rampe di scale, i trenta scalini, i due pianerottoli. La piazza, un quadrato col pavimento in pietra e il campanile alto in uno dei suoi angoli, era quasi vuota se non fosse stato lì, a metà dell'ombra del campanile, col bicchiere di vino mezzo vuoto il suo amico Enzo. Sembrava il negativo di una pellicola sulla quale la luce per un attimo s i fosse fermata. Adesso riprendeva a scorrere. “Eccoti. Dormi troppo Mauro. Te lo dico io. Così non si pigliano i pesci! Fai tu? Vai da Giovanni a prende...
vorrei fare nuvole tuoni raggi-